La donzella Felicita ossia la benessere, Guido Gozzano

La donzella Felicita ossia la benessere, Guido Gozzano

Il poemetto fa pezzo della seconda suddivisione dei Colloqui, intitolata Alle soglie. Ed e per mezzo di “L’amica di vecchia Speranza”, frammezzo a i piu famosi componimenti di Guido Gozzano e circa addirittura dell’intero Crepuscolarismo, a causa di l’apparente attitudine dei versi, giacche nascondono singolo modo particolarmente ricercato e difficile e, per i temi trattati: l’antidannunzianesimo, la malattia, il rinuncia del registro della considerazione di aedo, l’attenzione verso le piccole e semplici cose, l’ironia e la pagliacciata di qualora uguale.

Scritto

Giovane Felicita, verso quest’ora scende la serata nel paradiso sorpassato della tua residenza. Nel mio sentimento amico scende il testimonianza. E ti rivedo attualmente, e Ivrea rivedo e la cerulea Dora e quel dolce nazione cosicche non dico.

Fanciulla Felicita, e il tuo giorno! Per quest’ora cosicche fai? Tosti il caffetteria: e il buon essenza si diffonde d’intorno? Ovvero cuci i lini e canti e pensi a me, all’avvocato che non fa restituzione? E l’avvocato e ora: cosicche pensa verso te.

Pensa i bei giorni d’un autunno addietro, Vill’Amarena per massimo dell’ascesa coi suoi ciliegi e insieme la sua Marchesa dannata, e l’orto dal olezzo tetro di colpo e i cocci innumeri di vetro sulla recinzione vetusta, alla protezione.

Vill’Amarena! cordiale la tua edificio sopra quella popolare serenita settembrina! La tua domicilio affinche rivestimento una ostacolo di granoturco astuto alla cimasa: appena una nobildonna secentista, invasa dal epoca, perche vesti da contadina.

Bell’edificio demoralizzato inabitato! Grate panciute, logore, contorte! Silenzio! Sconfitta dalle stanze dipartita! Puzzo d’ombra! Fetore di passato! Fetore d’abbandono desolato! Fiabe defunte delle sovrapporte!

Colosso furente ed il Centauro, le imprese dell’eroe copilota, Fetonte e il Po, lo infausto bene d’Arianna, Minosse, il Minotauro, Dafne rincorsa, trasmutata mediante lauro in mezzo a le braccia del deita ghermitore.

Penso l’arredo – affinche infelicita! – penso l’arredo smunto e rigoroso, superato e originale: la pirografia sui divani corinzi dell’Impero, la cartolina della Bella Otero alle specchiere. Giacche malinconia!

Antica mobilia forbita! Armadi immensi pieni di lenzuola in quanto tu rammendi ammalato. Avita facilita affinche l’anima consola, semplicita in cui tu vivi sola mediante tuo papa la tua sciolto attivita!

Quel tuo buon autore – sopra celebrita d’usuraio – circa bovaro, m’accoglieva privo di inquietarsi della mia affluenza, mi parlava dell’uve e del massaio, mi confidava qualche sorpassato guaio notarile, con somma rispetto.

“Senta, legale. ” E mi traeva inqueto nel salone, qualche volta, con un abile che leggeva lentissimo, con segreto. Io l’ascoltavo remissivo, distratto da quell’odor d’inchiostro marcio, da quel traccia strambo del manto,

da quel salone tetro e troppo esteso. “. la Marchesa fuggi. Le spese cieche. ” da quel cortinaggio a ghirlandette, per greche. “dell’ottocento e dieci, ciononostante il catasto. ” da quel tic-tac dell’orologio guasto. “. l’ipotecario e distrutto, e l’ipoteche. “

Capiva appresso che non capivo nonnulla e sbigottiva: “tuttavia l’ipotecario e scomparso, e scomparso. “. – “E nel caso che l’ipotecario e sfinito, dunque. ” faustamente tu comparivi tutta allegro: “Ecco il nostro infermo immaginario!”.

Sei come brutta, priva di allettamento nelle tue vesti pressappoco campagnole, eppure la tua lato buona e casalinga, ciononostante i bei capelli di color di sole, attorti mediante minutissime trecciuole, ti fanno un qualita di venusta fiamminga.

E rivedo la tua passo vermiglia dunque larga nel arridere e nel sorseggiare, e il volto quadro, privo di sopracciglia, complesso disteso d’efelidi leggiere e gli occhi fermi, l’iridi sincere azzurre d’un blu di tazze.

Tu m’hai diletto. Nei begli occhi fermi rideva una blandizie femminina. Tu civettavi con sottili schermi, tu volevi piacermi, donzella: e piuttosto d’ogni vittoria agglomerato mi lusingo quel tuo voler piacermi!

Qualsivoglia tempo salivo alla tua cambiamento pel luminoso inclinato via. Il farmacista non penso davvero un’amicizia cosi ricco adunata, quando ti presento la anzi acrobazia l’ignoto pensionante cliente.

Talora – in precedenza la mensa epoca imbandita – mi trattenevi verso banchetto. Era una pranzo serale d’altri tempi, col micio e la falena e la vasellame modesto e fiorita e il critica dei cibi e Maddalena decrepita, e la sonnellino e la conto.

Attraverso la lotto, contro ventun’ore giungeva incluso l’inclito corpo pubblico stanza: il parecchio principesco Notaio, il signor Sindaco, il laureato; eppure – dato che sbigottito sportivo – quei signori m’avevano con dispregio.

M’era ancora amabile starmene mediante arte culinaria entro le stoviglie per vividi colori: tu tacevi, tacevo, ragazza: godevo quel dimenticanza e quello odori https://besthookupwebsites.net/it/sugarbook-review/ alquanto numeroso a causa di me consolatori, di basilico d’aglio di cedrina.

Maddalena per mezzo di cupo borbottio disponeva gli arredi ben detersi, rigovernava con calma ed io, proprio smarrito nei sogni piuttosto diversi, accordavo le sillabe dei versi sul ritmo uniforme dell’acciottolio.

In fondo l’immensa cappa del fumaiolo (per me rivive l’anima d’un cuciniere incertezza. ) godevo il sibilo del entusiasmo; la motivo d’un voglia canoro mi diceva parole, per modico a modico, e vedevo Pinocchio e il mio caso.

Vedevo questa vitalita che m’avanza: chiudevo gli occhi nei presagi grevi; aprivo gli occhi: tu mi sorridevi, ed vedi rifioriva la speranza! Giungevano le risa, i motti brevi dei giocatori, da quell’altra stanza.

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